Stampa questa pagina
Mag 15, 2025 Scritto da 
Rivoluzione della Tenerezza

Corrente d’Amore

Confidenti, non esecutori: l’amicizia di Gesù e tra fratelli

(Gv 15,12-17)

 

«Nessuno ha amore più grande di questo: che uno deponga la propria vita per i suoi amici» (v.13).

 

L’amore vicendevole totale, che non attende nulla, a fondo perduto, non è in genere possibile a partire dalla condizione di creature precarie, le quali volentieri desiderano relazioni cercando un completamento.

Purtroppo tale amore-Eros non di rado si pone in essere sommariamente. E accade confondendo gratuità e necessità, mescolando lo scopo con il mezzo; ingarbugliando il bisogno individuale col dono di sé.

Il movimento d’amore autentico Viene.

È una Corrente di rassomiglianze della condizione divina. Sintonia trasparente dal valore generativo, portata dal Figlio: «come» e «per il fatto che» [ho amato voi] (v.12 testo greco).

Su due piedi potremmo non capire. Ma solo dall’accoglienza della proposta “dall’alto”, genuina, Provvidente, può iniziare uno spostamento di sguardo che attiva il percorso di riequilibrio, scoperte, altruismi, e ritorno del Dono.

Il circolo d’iniziativa empatica e risposta è il nucleo dell’esperienza della Fede amabile [che sostituisce la devozione religiosa].

Una volta sperimentatane l'ebbrezza e il senso di pienezza di essere, da tale nuova Relazione cosmica e personale non si vorrà più uscire.

 

Gv non parla di amore ai nemici come fa Mt 5 nel Discorso della Montagna, ma insiste sull’amore vicendevole (interno alla comunità dei credenti) come relazione con la stessa vita divina.

Il quarto Vangelo è preoccupatissimo della coerenza e qualità dei rapporti fra membri di chiesa: i primi deputati all’Annuncio di pace, giustizia e amore nelle periferie esistenziali.

Proprio ai lontani essi predicheranno il nuovo volto di Dio, di società, di persona, e non potranno vivere nella doppiezza del discepolato.

Beninteso, quello della vita intima di Dio non è amore sacrificale; non chiede uno spirito di comune nomenclatura, rinunce, mortificazioni e sforzo, bensì fedeltà alla propria vocazione profonda.

Siamo «amici» (vv.14-15) non più servitori di Dio. Il termine allude all’uguaglianza e mutuo vantaggio nella crescita, che avvolge ogni dimensione domestica salda.

Configurazione relazionale che in clima di agape fa scoprire a ciascuno il proprio Nome - nonché quello della Chiesa capace di comunione.

 

È il suggello della fisionomia di focolare e missionaria, e viceversa.

La stessa Comunione ecclesiale non sarà quella dell’uniformità religiosa, bensì frutto dello scambio dei doni.

Convivialità delle differenze e recupero degli opposti, in vista dell’arricchimento condiviso e di ciascuno, nella convivenza.

L’unilateralità è bandita anche sotto il profilo della stessa partecipazione alla corrente d’amore sovreminente che ben volentieri si cala sui nostri sensi di permanenza, per smuoverci.

Il confronto con la storia quotidiana in uscita dalle sagrestie obbliga alla purificazione e all’essenzialità, ci fa creativi e disponibili al futuro di Dio.

Il sano pluralismo di cromie, approcci e stili diversi nel modo di vivere e attuare il Vangelo, intende la Voce dello Spirito che aiuta il discernimento; ci fa osare.

Poliedro variegato, aperto, che accende ogni voce particolare. Controforza la quale riflette la peculiare relazione che sussiste fra Persone divine.

La stessa Parola di Liberazione può essere così saldamente riformulata in modo inedito e personale-effuso, onde corrispondere con risposte nuove a domande nuove.

 

Persone e Chiesa si lasciano mettere in crisi e si mantengono aperte, perché traggono origine dal Mistero imprevedibile e sono appunto animate dalla Fede personale.

Vi partecipano donne e uomini, nuove madri e nuovi padri, spalancati al Gratis che accoglie gli opposti - e per l’inatteso.

‘Koinonia’ spossessata, aperta al dono e per il dono. Resa consapevole delle profondità del cuore di Dio, e della sua qualità comunionale-eucaristica.

Tale la Chiesa degli Amici. Fraternità pronta per la missione: «vi ho detto amici» (v.15) «vi ho costituito perché voi andiate» (v.16) nella stessa indifesa Apertura.

 

Differenza tra religiosità e Fede? L’Amicizia, ch’è più forte sia di alchimie cerebrali che del volontarismo.

L’Amico condivide intenti, coltiva comunione di vita.

Il «servo» (v.15) resta inaffidabile e rancoroso, perché semplice esecutore di ordini altrui.

Le direttive esterne non riguardano il proprio seme, le irriducibili radici nascoste, la Sorgente cui il cuore attinge e che gli appartiene.

È in gioco il nostro Nucleo: esso si manifesta spontaneamente; ed esiste non per iniziativa, bensì per carattere innato, costitutivo e donato (v.16).

 

L’Amico fidato è lieto non solo quando si realizza in prima persona, ma anche quando può dilatare e rallegrare la vita del suo diletto.

E volentieri si spodesta dal primo seggio in favore dell’amato.

In tal guisa - come detto, e vale la pena ribadire, per la sua terrificante attualità - nel quarto Vangelo le note e i richiami sull’amore non sembrano rivolti ai lontani.

Detti appelli riguardano piuttosto i membri di comunità, affinché non si lascino trascinare da ridicole infatuazioni; inevitabilmente passeggere e che si trasformerebbero in sentimento taccheggiante o di tristezza.

In Gv si nota appunto un cruccio particolare verso le singole persone e il clima tra amici di Fede.

Tutto ciò perché coloro i quali pretendono porgere raccomandazioni su belle maniere, tabelle di marcia, umiltà, trasparenza, perdono, condivisione, dovrebbero prima incarnare in se stessi lo spirito di disinteresse e verità che predicano ad altri.

 

Insomma, il Signore non chiede “frutti” [molteplici opere pie a norma, esteriori, spesso venate di esibizionismo] né piccoli intimismi gongolanti, bensì una sola opera: l’Amore senza doppiezze.

Nella singolare e inedita personalizzazione del «Frutto» (v.16), Cristo non rimane un Modello da imitare, bensì una Vita reale che continua nei discepoli.

Unico tigre nel motore, invitando il mistero dell’Eros fondante che dilata l’Io nel Tu:

Nell’Amicizia; nei sentimenti opposti che affiorano; nella crescente unità di pensiero e di aspirazioni; nelle persone che si avvicinano; nella comunione del desiderio e delle circostanze… le volontà si accomunano.

In tale Empatia divino-umana [che è più persuasiva del volontarismo] i codici di comportamento, il progetto estrinseco, esterno, estraneo, cui (prima) piegarsi, ora tessono un dialogo.

Infine si uniscono - per ‘Nome’ [termine che nei Vangeli indica in specie la crudezza della vicenda reale del Signore, nonché la nostra personale interpretazione e attualizzazione di essa].

Ecco l’accendersi e il riversarsi della Comunione, su un alto terreno d’intesa; senza conflitti celati. E senza servaggio.

 

Insomma, nell’Ideale come nel Sogno preferiamo l’Amicizia.

E percorriamo la Via della Fede nel Crocifisso - quella dello smacco e squilibrio d’amore.

 

 

Per interiorizzare e vivere il messaggio:

 

«Io non posso vivere senza di te»: Come distingui un ambito sentimentale autodeliziato, da una proposta operante d’unione di vita?

6
don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".