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Apr 14, 2025 Scritto da 
Preghiera critica

Emmaus: diversa Perfezione

Le fondamenta, i delusi della Risurrezione

(Lc 24,13-35)

 

I discepoli questionano, sono in confusione; si rimpallano ansie e accuse, disillusi e frustrati - ma ciò di cui sembrano più preoccupati non è tanto la morte beffarda del Maestro, bensì (e paradossalmente) la sua stessa condizione divina.

Quel che temono è esattamente lo sgretolamento delle loro speranze di gloria.

Hanno solo paura di non sentirsi appoggiati da qualcuno che abbia raggiunto la notorietà, al fine di ottenere il sospirato predominio.

Ciò che li delude è proprio che Gesù possa essere il Risorto: ossia l’afferrato e incorporato a sé, l’assunto dal Padre alla sua stessa Vita piena perché riconosciutosi nel Figlio dimesso.

Intronizzato alla destra del trono celeste, perché vero, e servitore altrui.

Apostoli simili hanno gli occhi trattenuti da sogni di principato, ricchezza, e supremazia.

Su tale base è impossibile riconoscere la Presenza di Cristo - che vuol farci stare nel presente e vedere il futuro.

Tali e quali come prima, si dirigono infatti a Emmaus, un luogo di antiche vittorie militari nazionaliste.

Il nome stesso di Cleopa era abbreviazione di Cleopatros che significa «del padre illustre, prestigioso».

I discepoli sono ancora infarciti dell’ambizione al successo: questo il loro dio.

È ancora il trionfo - non la genuinità e il dono di sé fino al sepolcro - che cambierebbe il mondo.

Per detti seguaci il figlio del falegname Galileo era ancora il Nazareno - che significava sovversivo, rivoltoso: uno dei tanti messia che avrebbero dovuto vendicarsi dell’oppressione romana e conquistare il potere.

Tranquillamente, malati di ambizione, tornano a considerare loro «autorità» (v.20) proprio i banditi travestiti da uomini di Dio che avevano fatto fuori il Maestro.

Così Gesù deve ancora una volta prendere il nostro passo e insistere nell’interpretare rettamente le Scritture.

Da esse emerge che il bene concreto della donna e dell’uomo reali, poliedrici, che sembrano perfino contraddittori, è principio non negoziabile.

Il testo greco di Lc dice che Gesù «fa ermeneutica» (v.27).

Insomma: i passi delle sacre Scritture, da Mosè ai Profeti e oltre, non vanno raccontati e percepiti a orecchio, ma interpretati.

Sono insegnamenti, non storie o narrazione di fatterelli.

 

Anche noi, innamorati delle nostre idee, facciamo fatica a introdurci in un lavoro di scavo delle vicende d’insuccesso, per estrarne perle sapienziali.

Ma i conflitti sono specchi pregevoli: di lotte interne.

La Parola di Dio non addomesticata da luoghi comuni ci aiuta a percepire gli accadimenti e il mondo anche dell’anima nella genuinità di segni provvidenziali.

Sono lì per un cammino di evoluzione, dove si affacciano sorprese tra le più preziose.

Ciò al fine non di diventare astuti, forti; neppure bravi in senso corrente.

Eventi ed emozioni anche negative accadono bensì per sviluppare la capacità di posare lo sguardo e corrispondere al tintinnio interiore della Chiamata.

Vocazione-carattere, nei momenti no: meraviglie per una gioia grande, come un Sole dentro, infuocato e luminoso (senza giudizi).

Protagonista che estrae qualità inattese; lavoratore che dissoda la terra e aspetta.

Cambiando il nostro modo di percepire, l’energia nuova della Parola porta le considerazioni in una differente Dimensione.

Gli sconcerti non sono più guardati per risolverli, ma per capirne il senso.

Impariamo a intuire che i nostri disturbi, sofferenze e problemi spesso sono come dei vestiti - addirittura soprabiti volentieri non dismessi.

Buttati via questi stracci esterni, ecco intuire nelle stesse delusioni una Presenza venuta a trovarci.

Coscienza alternativa che vuole vivere e scorrere in noi.

Porterà un Dono che reca un’altra Relazione, per cacciar via la banalità e le sue mille schiavitù.

Essa nel tempo avrà la forza di depositarsi dentro.

E quando le ansie personali, i propositi condizionati, le attese conformiste, ci guideranno in un territorio dove tutte le cose entrano in un’altra partita, in tutt’altra realtà - quella Voce sempre più diverrà il concime e il sostrato della nostra capacità di corrispondere, di crescere e partire; per staccarci da idee comuni e trovare nuove posizioni.

Un nuovo regno, un’altra memoria fondante; inediti richiami, differenti speranze, convinzioni, fiducie.

 

Poco a poco ci si rende conto: è nel medesimo senso della drammatica vicenda del Figlio autentico che passa la nostra vita da salvati.

Così, invece di stare sempre con la testa all’indietro o solo in avanti, si comincia a percepire il profetico; e lo portiamo a consapevolezza.

Mentre i discepoli del “messia” glorioso continuano a essere diretti al vecchio «villaggio» - luogo della grettezza, incomprensione, perfino ostilità all’Appello di Dio - il Risorto va più Lontano.

Poi entra, ma non nel villaggio [il paesino comune, dei dogmi, dei modi anche patinati, o delle tradizioni, dei conformismi] perché già Presente. E in ogni caso non è Pastore che perde il gregge.

In filigrana cogliamo il ritmo del nostro culto: ingresso, omelia, liturgia eucaristica, coro finale, annuncio missionario... il cui senso essenziale è la proposta: ‘spezzare la vita’.

È la condivisione che rende percepibile l’essere di Gesù - nella Chiesa che si fa Alimento sapienziale e fraterno per la completezza di tutti.

 

«Questo il mio Corpo» significa «Questo sono Io».

Dio si esprime in un gesto, lo spezzare del Pane - non in un oggetto sacro.

Allude alla Comunità che valica le differenze e si riunisce per farsi Cibo condiviso in favore altrui.

Tale il Richiamo essenziale, davvero sacro.

Nessuna sterilizzazione preventiva: solo quella a tutto tondo è l’esperienza che rende percepibile la Presenza divina.

«Si rese invisibile» perché il Risorto ha una vita che non soggiace alla banale percezione dei sensi ordinari.

Però Viene nella Chiesa che gratuitamente si porge per la vita dei senza voce, dei lontani, dei diversi; non delle belle maniere, e delle pessime abitudini.

«Prendete e mangiate»: fate vostra la mia vicenda, la scelta della convivialità delle differenze e dei lati contrastanti. Che trasmettono dignità a qualsiasi Cammino.

 

La notizia è troppo bella: si rinuncia alla raccolta dell’orzo [fine prima decade di aprile: in Palestina era il tempo giusto per iniziare la mietitura] e si parte immediatamente per Annunciare.

Si mettono fra parentesi gli affari della terra, affinché non siano solo quelli ad andare per il verso giusto - facendosi banditori espliciti, assertori e sostentamento di chi cerca vita.

 

 

Spezzato: diversa Perfezione

 

Dopo le prime persecuzioni (64), la sanguinosa guerra civile a Roma (68-69) e la distruzione del Tempio di Gerusalemme (70), i ribelli dell’impero tendevano a diminuire - insieme ai cristiani di seconda generazione, testimoni diretti dell’insegnamento Apostolico.

In tale realtà, del tutto nuova e insidiata dal pericolo della routine, dopo forse più d’una dozzina d’anni dalla caduta di Masada (73), Lc redige un Vangelo per ellenisti convertiti - ma educati all’ideale di uomo greco.

Il suo scopo era porre argine alle defezioni, incoraggiare nuovi fedeli, consentire ai culturalmente lontani un’esperienza viva del Signore.

Il Risorto ha una vita non più assoggettata ai sensi, perché piena. Ora è la comunità che lo manifesta presente [o - purtroppo - inutile e assente].

Condizionati da una falsa visuale inoculata da pessimi maestri e valori pagani, i discepoli provavano ancora sconcerto di fronte al fallimento.

Le aspettative della religione, delle filosofie, della vita nell’impero, li rendevano foschi e smarriti durante le prove di Fede.

Tutti attendevano l’uomo divino: dominatore, possidente, riverito, vendicatore, titolato e super-affermato. Capace di trascinare i suoi a medesima fortuna.

Lc ribalta la prospettiva banale, perché dentro ciascuno di noi esiste una saggezza innata, talora soffocata d’idee esterne, ma diversa.

Solo una differente intelligenza delle sacre Scritture che ancora risuonano colme di profezia critica, scalda il cuore e rende ciascuno riconoscibile in Cristo.

Sapienza che si abbina alla qualità di vita sperimentata in una fraternità poliedrica e pur indigente, ma che non abbandona nessuno.

Nella chiesa autentica, infatti, la sinergia delle differenze o dei lati differenti e in ombra configura una Nuova Alleanza; apre gli occhi a tutti, manifestando intensamente il Figlio.

E il Risorto non si appiccica agli ultimi arrivati in modo paternalistico (vv.28.31) ma chiama con fiducia a reinterpretarlo nell’amore, senza confini e ruoli identificati.

La sua Presenza in spirito e azioni consente a chiunque un calibro di vita coniata-spezzata senza previe condizioni di compiutezza.

Da qui il ritorno (v.33) e l’annuncio personale (v.35), invece d’indifferenza o fuga.

 

Il passo di Lc è una delle testimonianze più profonde della Pasqua di Gesù.

La tragedia della Croce spaventa ancora, così l’insuccesso.

Ma non incontriamo schiettamente il Signore come giustiziere, o nel fervore di una guerra santa “vittoriosa”.

Cristo non è un condottiero. Liberatore sì, ma non di un’idea o d’un solo popolo di prescelti.

Insomma, l’ordine nuovo sognato non sarà artificioso, procedurale, foraneo; né raggiunto con trionfo militare: Lo disconoscerebbe.

Incontriamo il Risorto fuori del sepolcro.

Cogliamo Gesù in un cammino, e nel senso autentico delle ‘scritture viventi’; nello spezzare il pane che illumina la coesistenza e il senso più ricco della vita ecclesiale.

Vediamo personalmente il Figlio innalzato, edificando la nuova comunità dei discepoli che non si perdono nella storia - anzi fioriscono a motivo dei rovesci.

Facendo sì che anche i fratelli possano incontrarsi con la Pasqua.

Nel loro iniziare incessante c’è una scoperta e qualcosa di speciale, anormale, irrompente; che getta continue fondamenta.

 

 

Per interiorizzare e vivere il messaggio:

 

Quando hai fatto esperienza di un Gesù che si accosta delicatamente e prende il tuo passo? Per te la Croce è una catastrofe?

Quale versante della tua personalità coglie quella del Cristo eucaristico e in mezzo? Forse qualcosa di unilaterale, o palese?

Cosa ti distoglie dalla cecità della Vita presente?

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don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".