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Ago 17, 2025 Scritto da 
Angolo dell'ottimista

Non vi sono persone privilegiate

2. Nel Vangelo Gesù ricorda che tutti siamo chiamati alla salvezza ed a vivere con Dio, perché di fronte alla salvezza non vi sono persone privilegiate. Tutti devono passare per la porta stretta della rinuncia e del dono di sé. La lettura profetica espone con vive immagini il disegno che Dio ha di raccogliere nell’unità tutti gli uomini, per farli partecipi della sua gloria. Quella tratta dal Nuovo Testamento esorta a sopportare le prove come purificazione proveniente dalle mani di Dio, “perché il Signore corregge colui che ama” (Eb 12,6; Pr 3,12). Ma i motivi di tali letture si possono dire concentrati tutti nel brano evangelico.

L’interpellanza circa il problema fondamentale dell’esistenza: “Signore, sono pochi quelli che si salvano?” (Lc 13,23), non ci può lasciare indifferenti. A tale domanda Gesù non risponde direttamente, ma esorta alla serietà dei propositi e delle scelte: “Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, vi dico, cercheranno di entrarvi, ma non vi riusciranno” (Lc 13,24). Il grave problema acquista sulle labbra di Gesù un’angolazione personale, morale, ascetica. Egli afferma con vigore che il raggiungimento della salvezza richiede sacrificio e lotta. Per entrare per quella porta stretta, bisogna, afferma letteralmente il testo greco, “agonizzare”, cioè lottare vivacemente con ogni forza, senza sosta, e con fermezza di orientamento. Il testo parallelo di Matteo sembra ancor oggi più categorico: “Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via, che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa; quanto stretta, invece, è la porta e angusta la via che conduce alla vita e quanti pochi sono quelli che la trovano” (Mt 7,13-14).

La porta stretta è anzitutto l’accettazione umile, nella fede pura e nella fiducia serena, della parola di Dio, delle sue prospettive sulle nostre persone, sul mondo e sulla storia; è l’osservanza della legge morale, come manifestazione della volontà di Dio, in vista di un bene superiore che realizza la nostra vera felicità; è l’accettazione della sofferenza come mezzo di espiazione e di redenzione per sé e per gli altri, e quale espressione suprema di amore; la porta stretta è, in una parola, l’accoglienza della mentalità evangelica, che trova nel discorso della montagna la più pura enucleazione.

Bisogna, insomma, percorrere la via tracciata da Gesù e passare per quella porta che è egli stesso: “Io sono la porta; se uno entra attraverso di me sarà salvo” (Gv 10,9). Per salvarsi bisogna prendere come lui la nostra croce, rinnegare noi stessi nelle nostre aspirazioni contrarie all’ideale evangelico e seguirlo nel suo cammino: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua” (Lc 9,23).

Cari figli e fratelli, è l’amore che salva, l’amore che è già sulla terra beatitudine interiore di chi, nei modi più svariati, nella mansuetudine, nella pazienza, nella giustizia, nella sofferenza e nel pianto, si dimentica di sé e si dona. Il cammino può sembrare erto e difficile, la porta può apparire troppo stretta? Come ho già detto all’inizio, una tale prospettiva supera le forze umane, ma la perseverante preghiera, la fiduciosa implorazione, l’intimo desiderio di compiere la volontà di Dio, ci otterranno di amare ciò che egli comanda.

[Papa Giovanni Paolo II, omelia all’Opera s. Paolo Castelgandolfo 24 agosto 1980]

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don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

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