«Chi riceve colui che manderò, riceve me; ma chi riceve me, riceve Colui che mi ha mandato» (Gv 13,20).
Gesù, nell’ultima Cena, dopo aver lavato i piedi ai suoi discepoli li invita a fare altrettanto, ricordando loro che un inviato non è più grande di chi lo ha mandato.
Al tempo stesso rammenta che ricevere colui che Dio manda significa ospitare il Signore stesso.
Francesco sapeva, per grazia, che accogliere è l’infinito del verbo disvelare.
Il Signore si manifesta a colui che ospita con amore l’inviato del Padre delle Misericordie.
Il Povero e i suoi figli conobbero l’accoglienza speciale del vescovo assisano, come è narrato nella Leggenda dei tre compagni:
"Arrivati a Roma, vi trovarono il vescovo di Assisi, che li ricevette con grande gioia.
Egli nutriva una stima affettuosa per Francesco e tutti i frati; ma, ignorando il motivo della loro venuta, fu preso da ansietà: temeva che volessero abbandonare Assisi, dove il Signore aveva cominciato per loro mezzo a compiere meraviglie di bene.
Egli era fiero e felice di avere nella sua diocesi uomini così zelanti, sulla cui vita esemplare faceva moltissimo conto.
Quando però seppe lo scopo del viaggio e comprese i loro progetti, ne fu rasserenato e promise di consigliarli e aiutarli" (FF 1456).
Ma c’era anche chi reagiva diversamente con i frati inviati:
"Molti li prendevano per dei ciarlatani o sempliciotti, e non volevano riceverli in casa, per paura che commettessero dei furti.
In diverse località, dopo aver ricevuto un mucchio d’ingiurie, non trovavano dove rifugiarsi, se non sotto i portici delle chiese o delle case.
Un giorno due frati giunsero a Firenze. Girarono mendicando tutta la città, senza però trovare uno che li ospitasse.
Arrivati a una casa che aveva davanti un porticato, sotto il quale c’era il forno, si dissero:
«Potremo riposarci qui».
Pregarono però la padrona di riceverli in casa, ma quella ricusò.
Allora umilmente le proposero che permettesse loro almeno di rifugiarsi quella notte vicino al forno. La donna acconsentì […]
Quella notte dormirono a disagio fino all’alba, presso il forno, scaldati dal solo amore divino e protetti dalla coperta di Madonna Povertà.
Si levarono per andare alla chiesa più vicina, per partecipare alla liturgia del mattino" (FF 1442).
Nel riconoscere colui che Cristo invia è insita la rivelazione dell’incontro autentico e personale con Gesù.
Inoltre, Francesco e i suoi avevano la chiara consapevolezza che se avessero respinto il Maestro la via del discepolo non avrebbe potuto essere dissimile.
Da qui l’accogliere tutto, dimorando nell’Amore.
Le Fonti ricordano che in ciò riposa la Perfetta Letizia, come Francesco insegnò a frate Leone:
" «Ecco, io torno da Perugia e, a notte profonda, giungo qui, ed è un inverno fangoso e così rigido che, all’estremità della tonaca, si formano dei ghiaccioli d’acqua congelata […] giungo alla porta e, dopo aver a lungo picchiato e chiamato, viene un frate e chiede:
«Chi è?».
Io rispondo:
«Frate Francesco» […]
l’altro risponde:
«Vattene, tu sei un semplice ed un idiota, qui non ci puoi venire ormai […]».
E io sempre resto davanti alla porta e dico:
«Per amor di Dio, accoglietemi per questa notte» […]
«Ebbene se io avrò avuto pazienza e non mi sarò conturbato, io ti dico che qui è la vera letizia e qui la vera virtù e la salvezza dell’anima» " (FF 278).
Giovedì della 4.a sett. di Pasqua (Gv 13,16-20)