Il grande Battezzatore, più piccino del Minimo
(Mt 11,11-15)
Nell’arco della storia della Redenzione il Battista è stato un crocevia di proposte radicali, inattese, dirimenti.
Ma non ha rivelato - come il Figlio - la profondità del cuore del Padre.
Credeva che l’opera dei nuovi profeti dovesse fare giustizia immediata (sommaria...).
Sognava di poter recuperare l’incontaminatezza e la forza antiche, rabberciando gl’ingredienti della religione dei padri.
Tutto, purificando e aggiornando il gran Tempio - non soppiantandolo nella sua configurazione giuridico-teologica.
Secondo Gesù invece, essa permaneva radicalmente deviante, perché incline alla forza e incapace di valorizzare fragilità e insicurezze.
Il Dio delle credenze arcaiche disdegnava le contraddizioni. Veniva a sentenziare e castigare secondo un freddo codice, tanto ideale quanto distante da ciascuno [anche dei suoi stessi credenti].
Ma un Altissimo sovrano che non ha cura delle persone deboli o delle cose che non piacciono, non sembra amabile.
Le continue mortificazioni delle eccentricità che renderebbero fantastici, demotivano.
Chiusi nelle armature che non ci appartengono, diventiamo arcigni, nemici della vita, invece che eccezionali, unici, rigogliosi.
Per questo Gesù annuncia la novità di un Regno da «accogliere».
Non da allestire con sudori e preparare con sforzo, secondo dettati culturali, legalisti, esterni, ma appunto da ospitare e includere; perché spiazza, travalica, sbalordisce.
In tal senso Giovanni è inferiore a qualsiasi ultimo degli ultimi e senza peso (v.11) che si presenta alla soglia delle comunità, per godere della vita fraterna.
Anche l’idea del Battezzatore circa il Messia non era quella del Cristo disposto ad abbracciare, recuperare, valorizzare e prediligere persino i senza voce, o i lontani considerati impuri.
Il nostro Maestro e Fratello è propugnatore di opere di sola vita con pienezza di Felicità (vv.2-6), non di mortificazione o accusa.
Per Gesù i mikròi (v.11) - ossia i minimi, estranei e pitocchi - portano in cuore e nel Regno il germe della novità dei cieli squarciati per sempre.
Malgrado abbiano scarsa energia, essi recano la colomba di pace [Mt 3,16; Mc 1,10; Lc 3,22].
Icona di una energia non più aggressiva, sebbene la subiscano (v.12) [cf. Lc 16,16].
E come sottolineava Paolo VI, a prezzo di uno stile figliale, aperto al ripensamento di sé, crocifiggente - nella virtù intima del rovesciamento [Evangelii Nuntiandi 10].
L’uomo di Fede non sarà mai un prevaricatore bellicoso.
Per questo alla personalità distinta del grande e celebre Santo del deserto e del Giordano, il Figlio di Dio può anteporre un qualsiasi inesperto, nuovo, claudicante, peccatore, reso libero perché rigenerato.
Questa la nuova era, dove più nessuno è additato e sotto assedio.
Gli stati creativi di qualsiasi ‘infante’ - fuori dal giro, ma sensibile - sono accolti e risvegliati, invece che tirati da una parte e messi a tacere.
L’autentico motore della storia è in una dedita ma aperta e tranquilla potenza spontanea, naturale, innata.
Sia nei rovesci (anche epocali) che nella ricerca dello sviluppo umano integrale, o nell’incessante ricerca della pace, tale attitudine battesimale sa riprendere da zero.
Scioglie i veri nodi, non decurta spazio all’esistenza, non impoverisce le cose.
[Giovedì 2.a sett. Avvento, 12 dicembre 2024]