Il Re dell’Universo: forse il meno dotato?
(Dn 7,13-14; Ap 1,5-8; Gv 18,33-37)
Tutti i regni che si sono susseguiti prima di Gesù erano ispirati al medesimo brutale principio: la competizione [prima Lettura].
Il forte ha soggiogato il debole, il ricco si è imposto al povero, il più svelto ha asservito il meno dotato.
Nuovi dominatori si sono installati al posto dei predecessori, senza rendere più umana la convivenza dei popoli o la vita quotidiana.
Pensieri e sentimenti rimanevano identici: voracità, crudeltà, sopraffazione.
Gesù ha interrotto per sempre il susseguirsi degli imperi feroci. Ha capovolto i valori ponendo al vertice non il potere ma la Comunione.
Ha introdotto un criterio nuovo, quello del cuore di uomo - opposto dell’istinto crudele di belve.
Ma Pilato ha in mente solo le caratteristiche dei regni «da» (v.36) questo mondo.
Domini portati avanti per ambizione. Realtà basate sull'uso della forza e la persuasione del denaro.
Gesù non uccide: va lui a morire, non comanda ma obbedisce; non si allea e non cerca grandi e potenti ma si mette dalla parte di chi non conta nulla.
Possedere, conquistare, sterminare, ostentare, non sono perentori segni di forza, ma di sconfitta: ‘grande’ è chi serve.
Purtroppo il copione della regalità che viene «da» questo mondo non è recitato solo dai capi: piace anche alle folle.
Sul colle Palatino, vicino al Circo Massimo, un graffito che risale al 200 circa raffigura una persona in adorazione del Crocifisso ritratto con una testa d’asino.
Verità di Dio, regalità dell’uomo - e viceversa.
Nel passo di Vangelo Gv pennella un quadro sulle perplessità di fondo che anche oggi affliggono l’Annuncio.
Gesù chiede al Procuratore di ragionare con la sua testa; di pensare non come figura dominante.
[Il Signore aveva fatto un identico richiamo di senso alla guardia che gli aveva mollato uno schiaffo].
Contro di Lui si sono rivoltati tutti, ha scontentato persino la sua gente.
Forse la massa vede nella proposta del Signore una minaccia alle finte sicurezze che il potere tutto sommato è in grado di assicurare.
Mai intaccare la piccineria degli ozi derivanti da uno status assodato, persino dimesso o fasullo - purché non allarmante.
Talora, tristemente, i copioni della regalità e dei subalterni s’intersecano e sostengono a vicenda.
Verità e Regalità.
Presso tutti i popoli l’ideale di “personaggio” riuscito è il Sovrano: ricco potente libero dominatore.
A Pilato, perfettamente inserito nella gerarchia di potere, il Maestro produce una sorta di sgretolamento mentale.
È l’opera singolare - davvero Sacerdotale - del cammino di Fede personale: l’invito a interrogarsi.
Ognuno di noi, da Re che non si lascia intimare i medesimi vecchi lati dall’esterno, bensì esige una vita piena, propria.
Gesù al termine della sua vicenda terrena è piuttosto silente. Egli attende che ciascuno si pronunci e scelga.
[34.a Domenica (anno B), 24 novembre 2024]