Francesco era rapito in estasi quando meditava la Bellezza di un Dio che chiede di essere accolto per effondere il suo Amore. La fede che lo animava, apriva nuovi orizzonti e nuove proposte.
Lo attraeva questo Dio “umanizzato”, fattosi Piccolo perché l’uomo vivesse da creatura nuova.
Da qui il suo cercare la contemplazione, spazi nascosti dediti allo stupore del Mistero.
Le Fonti attestano la Grazia in lui:
“Il Padre era solito non trascurare negligentemente alcuna visita dello Spirito: quando gli si presentava, l’accoglieva e fruiva della dolcezza che gli era stata data, fino a quando il Signore lo permetteva.
Così, se avvertiva gradatamente alcuni tocchi della Grazia mentre era stretto da impegni o in viaggio, gustava quella dolcissima manna a varie e frequenti riprese.
Anche per via si fermava, lasciando che i compagni andassero avanti, per godere della nuova visita dello Spirito e non ricevere invano la grazia” (FF 682).
“Cercava con ogni cura di nascondere nel segreto del suo cuore i doni del Signore, perché non voleva che, se gli erano occasione di gloria umana, gli fossero pure causa di rovina […] Rivolto poi a sé diceva:
«Se L’Altissimo avesse concesso grazie così grandi ad un ladrone, sarebbe più riconoscente di te, Francesco!» (FF 717).
Perché, come scrisse il Povero d’Assisi, nella sua parafrasi al Padre nostro:
«Tu regni in noi per mezzo della Grazia e ci faccia giungere nel tuo regno, ove la visione di te è senza veli, l’amore di te è perfetto, la comunione di te è beata, il godimento di te senza fine» (FF 269).
2.a Domenica dopo Natale, (Gv 1,29-34) in part. v.16